SANITA' CALABRESE: LA GENTILEZZA, L'UMANITA'... QUESTE SCONOSCIUTE, di Lucia Talarico

Stamattina sono andata all'Asp, avevo una pratica da sbrigare. Mi hanno mandata al secondo piano ma occorreva che tornassi al piano "sotterraneo". Un medico che era in chiacchiere con un impiegato, con fare annoiato mi da indicazioni a mezza bocca sull'ufficio nel quale recarmi, io domando particolari, ho paura di non farcela, avevo visto molta gente al "sotterraneo", temevo di confondermi.
Quello si irrita e pensa ("Ah, signora mia!") che io voglia saltare la fila e allora mi trovo costretta a spiegargli che sono ipovedente e che negli spazi che non conosco sono in difficoltà. Aggiungo che ho paura dei gradini che bisogna scendere e che per questo voglio essere sicura della destinazione esatta.

Gli chiedo anche con chi ho il piacere di parlare e lui declina le sue generalità.
Il dottore non si immedesima e non empatizza affatto. Ignora qualsiasi buona pratica, e buona educazione, e resta estraneo. Il dottore, ripeto: medico - padrone del territorio - naturalmente a suo perfetto agio tra quei piani e quelle scale.
Senza capire che gli avevo confidato la mia fragilità, senza alcuna sensibilità, mi ripete appena più lentamente le indicazioni precedenti e mi congeda: "Al sotterraneo, signora, al sotterraneo. Vada da XXX, vedrà che lo trova".

Io senza parole. Avrebbe potuto accompagnarmi, avrebbe potuto chiamare qualcuno che mi accompagnasse, e invece...

Sono amareggiata. Come abbiamo fatto a ridurci così?
Lucia Talarico


Pubblicata sul Corriere della Sera, 1 dicembre 2024