DI FORMICHE, DI VERDURE E DI BESTEMMIE, CRONACHE TURPI DI SANITA' CALABRESE, di Lucia Talarico

Riporto integralmente la lettera aperta che scrive una farmacista.
Elenca puntigliosamente i troppi inaccettabili disagi che i calabresi subiamo quotidianamente.
Ritengo che sia un problema di pessima politica ma, anche, un problema di malagestione, di nessun amore e orgoglio per il proprio ruolo, di insofferenza alle regole e, soprattutto, di certezza dell'impunità.
Ce ne siamo accorti in ogni circostanza e in tutte le prove che abbiamo dovuto attraversare.

Personalmente ricordo anche un cassetto del comodino brulicante di formiche quando mia suocera fu operata al femore, e le spallucce del personale chiamato a rimediare. E' mancato poco che mi dicessero che ero esagerata!
Potremmo parlare delle canzoni cantate dal personale nei corridoi dei reparti. Dell'abitudine di ciabattare strisciando le calzature sul pavimento. Delle porte sbattute rumorosamente. Della pausa caffè che si protrae per oltre un'ora mentre gli ambulatori sono gremiti di persone che aspettano in piedi.
E delle chat compulsate sui telefonini dagli impiegati degli sportelli dedicati al pubblico mentre lo stesso attende quasi timoroso di disturbare e il loro "dite, dite" senza alzare gli occhi dallo schermo.

La pessima politica calabrese ha causato un grave commissariamento decennale ma l'evidenza dei fatti racconta anche peggio.
Io credo che un po' di rimedio (solo un po') debba essere posto da noi utenti. Scrivere, evidenziare, raccontare il disservizio e la maleducazione. Troppa acquiescenza, purtroppo, comporta danni enormi per tutti anche se resta naturalmente ferma la vergognosa piramide aziendale/politica della quale conosciamo indecenze su indecenze.

Peccato che io non abbia le prove fotografiche delle file dalle ore 5 del mattino per poter prenotare un esame o una visita!
Peccato che si ignori della stanza del caffè negli ambulatori per il pubblico da cui si diffonde il profumo della moka appena preparata e l'andirivieni del personale che, ambulatorio gremito, interrompe le visite e ci si chiude dentro per chiacchiere infinite.
Prima Covid, ovviamente, adesso è tutto un limbo incomprensibile.

Peccato pure che si accetti che negli ambulatori il personale arrivi in ritardo con le buste della spesa da cui spuntano i ciuffi delle verdure, e subito si chiuda la porta alle spalle e, se qualcuno bussa, schiuda appena l'uscio intimando "dovete aspettare!". Per poi con calma sistemarsi, uscire dalla stanza, prendere pure il caffè, e infine saettare intorno lo sguardo e - annoiato/a - chiedere "chi è il primo?".
Non lo avrò visto soltanto io!

E vogliamo parlare degli onomastici? Quando arrivano i vassoi di pasticcini portati dal "santo" nella stanza del caffè e tutti a festeggiare "Auguri, auguri!", sempre ad ambulatori gremiti e interrompendo le visite.

Vogliamo dire dei termosifoni bollenti con le finestre spalancate perché si soffoca? Spreco assoluto, nessuno prende la situazione in mano e decide un'attività consona.

Possiamo anche descrivere le scrivanie talmente ingombre di raccoglitori e carte che per parlare con chi vi è seduto bisogna stare in piedi perché, se ci sedessimo, non lo potremmo vedere! E della difficoltà anche di apporre una firma perché per l'incredibile disordine è impossibile appoggiare il documento.
E' successo a me, non me lo hanno riferito. Ho dovuto piroettare tra un piano ricolmo di scartoffie e appoggiarmi, male, su una pila precaria di cartelle e fogli.

Possiamo pure parlare delle "Agende" per le prenotazioni che si aprono e si chiudono subito, e nessuno sa quando si riapriranno e ti dicono che bisogna tornare "spesso" per domandare se le "Agende" sono aperte. Le mie mail di protesta con relative fumose risposte sono a disposizione.

La Sanità calabrese (come gran parte della PA regionale) è uno sfacelo, per rendersene conto basta aver la iattura di dovervi accedere. Si è sempre approfittato del caos, dell'illegalità diffusa, dell'anarchia generale e adesso della pandemia, per ritagliarsi un angolino caldo e comodo in cui rifugiarsi... tanto paga Pantalone!
Non tutti, certo, inutile anche precisarlo.

Mi unisco convintamente alla lettera della farmacista: questi sono i fatti e semplicemente noi raccontiamo il vissuto di moltissime circostanze.
Andiamo avanti con l'ostinata illusione della resipiscenza e della crescita di tutti, ma il senso d'impotenza è forte e l'amarezza pure.
Ho poche speranze che i candidati alle imminenti elezioni prenderanno in minima considerazione le nostre parole ma, come il minuscolo colibrì (motteggiato dal leone) che con una goccia d'acqua nel becco tentava di spegnere l'incendio nella foresta, noi "facciamo il nostro".
D'altronde, se nessuno lo fa, anche la speranza muore e la Calabria con lei.
Lucia Talarico

LETTERA APERTA A CHIUNQUE ARRIVERÀ AL CONSIGLIO REGIONALE E PRETENDERÀ DI GOVERNARE LA CALABRIA
scrive Mariarita Albanese

Cari candidati, affiliati, aspiranti politici o politicanti di lungo corso con velleità governative, mi rivolgo a voi.
Malgrado io faccia parte del Sistema Sanitario in quanto farmacista, negli ultimi mesi le mie vicende familiari ci hanno fatto conoscere più da vicino la sfera ospedaliera della nostra sanità.
Mi rivolgo a voi, quindi. A voi che tra qualche settimana vi ritroverete a governare questa regione e tutti i disastri che già la affliggono.

A voi chiedo, a chiunque di voi chiedo: vi prego, curate la Sanità pubblica, date attenzione agli ospedali, ai poli ambulatoriali, alle guardie mediche.
Dismettete i panni dei candidati e provate, solo per mezza giornata, e entrare in un ospedale nei panni di un malato, di una persona spesso anziana, certamente provata dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura.

Perché, se provate a fare questo semplice test, vi accorgerete che nessun nostro ospedale è pensato per accogliere persone malate, sin dall'ingresso.

Perché si pensa che una persona malata possa andare a fare una visita da sola, senza nessuno che lo accompagni, spostandosi spaesata tra corridoi lunghi metri e metri, e ascensori che non arrivano, e scale da fare avanti e indietro.

Perché molti dei medici o del personale sanitario (stanco, provato, sotto organico senza dubbio) spesso dimenticano di aver a che fare con persone anziane, persone fragili, persone e basta. E sbraitano, durante gli interventi, alla presenza di pazienti atterriti. Bestemmiano, imprecano, o danno loro indicazioni bruscamente, senza alcun cenno di delicatezza. Come se fossero cose. E non è giusto, perché ti piange il cuore vedere un tuo caro uscire da un ambulatorio sofferente e mortificato o umiliato.

Perché si pensa che un malato che deve sottoporsi a un intervento possa spostarsi da un padiglione all'altro e fare attese estenuanti per una consulenza, per attendere l'unico medico disponibile perché gli altri "non ci sono".

Perché un malato oncologico e per giunta anziano, in alcuni casi non ha alcun tipo di precedenza rispetto agli altri pazienti. Quindi può aspettare piegato su una sedia per oltre un'ora il proprio turno senza problemi.

Perché una persona malata che non ha un parente, un amico che possa accompagnarlo, fare la fila al suo posto, litigare con chi pretende di avere la precedenza in una fila allora è spacciato.

Perché una persona malata che deve fare una visita, un controllo, deve sottostare ai tempi del CUP che hanno spesso del ridicolo. E una visita che dovrebbe essere fatta entro un mese ha il primo posto libero dopo un anno.
Ma pagando Intra moenia, anche tre giorni dopo. Magia.

Perché una persona malata deve spesso aspettare il proprio turno di ingresso su sedie scomode, o attendere il proprio turno per fare la chemio seduta sulle scale perché non ci sono sedie a sufficienza per tutti i malati.

Perché persino i bagni dell'ospedale sono tutto fuorché adatti alla maggior parte dei malati.

Vi prego, vi supplico: prendetevi cura della sanità pubblica. Dei nostri ospedali, dei nostri punti di cura sul territorio. Prendetevi cura di chi soffre, di chi non ha scelto di stare male, di ammalarsi.
Prendetevi cura dei luoghi in cui si dovrebbe entrare per trovare salute e troppo spesso, invece, si vive un altro calvario di attese, sofferenze e stanchezza.
Interessatevi non solo dei voti che porta la sanità, ma di COSA, COME e CHI un malato incontra sulla sua strada, in un giorno qualsiasi della sua vita che potrebbe essere il peggiore.

Spendete quei dannati soldi in migliorie, in personale di assistenza e medico e non solo per fare piacere agli "amici degli amici".
Fate il maledetto sforzo di dimostrare che la nostra politica può essere meglio del circo a tre piste che siamo abituati a subire da decenni, che a qualcuno davvero importa qualcosa delle Persone che abitano questa regione e che l'Altro non esiste solo quando serve il voto in più, la preferenza in più.
Mariarita Albanese