Chissà dove ha trovato il coraggio, la diciannovenne palermitana, per denunciare i coetanei che l’hanno stuprata il 7 luglio in una zona appartata del Foro Italico. Chissà con quale stato d’animo aspetterà il processo, le domande degli avvocati che le chiederanno se aveva bevuto, perché aveva bevuto, quante volte ha gridato basta, ma lo ha gridato a voce abbastanza alta?
Beninteso, la ragazza violentata da un branco di sette coetanei, compreso un minorenne, ha fatto la cosa giusta, l’unica necessaria: si è rivolta alle forze dell’ordine. Come lei, però, lo aveva fatto la studentessa di Firenze costretta a dei rapporti sessuali da tre compagni di scuola durante una festa. Era settembre del 2018. A marzo è arrivata la sentenza di assoluzione per due di loro (per il terzo, ai tempi minorenne, ha proceduto il Tribunale di competenza chiedendo la messa alla prova). Le motivazioni sono state pubblicate nei giorni scorsi: gli imputati sarebbero stati «condizionati da un’inammissibile concezione pornografica delle loro relazioni con il genere femminile, forse derivante da un deficit educativo e comunque frutto di una condizione assai distorta del sesso».
Ma se si considera che in Italia il 44% dei maschi tra i 14 e i 17 anni guarda video porno (le femmine sono il 5%), e dunque — ne deduciamo — compie sul telefonino la propria formazione sessuale, dobbiamo assolverli tutti se maturano la convinzione che le donne siano oggetti da manipolare, come hanno visto fare online? Che se dicono no in realtà vogliono dire sì? Che se sono ubriache un po’ se la sono cercata? Della necessità di fare nelle scuole educazione sentimentale, educazione al rifiuto, educazione al rispetto, abbiamo parlato più volte in passato. È grave che dei giudici calpestino l’articolo 36 della Convenzione di Istanbul sul consenso.
Del resto, è grave anche che un adulto umili davanti a decine di persone (e poi davanti a tutta Italia, grazie alla premurosa registrazione di un ospite) la donna che lo avrebbe tradito, trasformando una festa privata in una gogna pubblica. Poi però parliamo di modelli educativi, in casa e a scuola, dove un bidello può infilare impunemente la mano negli slip di una minorenne, ma solo per scherzare. Eppure la cosa commovente, strabiliante, magica, è che le ragazze hanno ancora voglia di denunciare. E questo è miracoloso.
LO STUPRO DI PALERMO, di Nicoletta Agostino