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RACCONTINO DI NATALE. TANTA SERENITA' E GENTILEZZA E' IL MIO AUGURIO PER TUTTI VOI (e sempre grazie per la Vostra attenzione).
***
Giorni di regali, questi, pacchetti, nastri, coccardine. Una mia amica viene a trovarmi, è sempre gentile, mi porta un bagnoschiuma all’albicocca. Lo vado ad utilizzare e il profumo si sprigiona scintillando di fragranza.
Torno bambina, a casa dei miei nonni materni, Gustavo e Luigia. Lui alto, prestante, bello ed elegante, borsalino e sempre fazzolettino bianco e profumato nel taschino. Lei piccolina, pelle bianchissima, occhi celesti, attenzione, celesti, non azzurri. Occhi calmi, sorridenti, due laghi estivi e quieti. Quegli stessi occhi che regalò a ciascun figlio, ne ebbe otto, nelle varie sfumature del ceruleo fino ad arrivare agli occhi verdi di mia mamma.
Ma torniamo all’albicocca. La spesa era un rito a casa dei miei nonni e incontrastato sovrano ne era il nonno. Lei però aveva il compito di fare mille complimenti quando il consorte sciorinava sul tavolo gli acquisti effettuati.
Già,
i complimenti. Perché quel rito esigeva lo stupore di lei e le
esclamazioni che ne scaturivano. Ogni giorno. Tutti i giorni.
<<Gì, guarda che ti ho portato…>> e sul tavolo si aprivano
gli involti.
Si cominciava col pane, “cotto biscotto”, col dorso lucido come specchio. I maritozzi, intrecciati e con i cristalli di zucchero a far da copertura, quelli erano per me, per Luciamia tutto attaccato. Seguiva il latte condensato Nestlè, nella latta: lui golosissimo se lo divorava a cucchiaiate, lei lo nascondeva per evitare indigestioni da paura. Poi l’idrolitina per rallegrare le bottiglie d’acqua. E infine la frutta, anzi, la Frutta. Era dovuto guardarla, ammirarla, annusarla, <<Gì, guarda che ti ho portato>>, e troneggiavano l’anguria col tassello triangolare dell’assaggio, le pesche gialle profumatissime, le banane a casco acquistate al Monopolio, e le albicocche! Colore arancio, vellutate, dolcissime, con un profumo d’estate che stordiva.
Io bambina assistevo a quella laica cerimonia che però recava liturgie solenni. Nulla sapevo di matrimonio, coniugi, dinamiche e sottomissioni. Nulla di compiacenze, complicità, pretese. <<Gì, guarda! Guarda che ti ho portato…>> e mia nonna <<Aaaahhh, uuuuhhh, oooohhhh…. Come sono belle, come sono buone…>> in uno spettacolo recitato mille volte ma quel marito ogni mattina doveva essere incoronato re!
A me è rimasto un vivissimo ricordo, l’attesa della spesa di quel nonno elegante e bello e la dolcezza di quella donna che innamorata, a sedici anni diventò mamma per la prima volta.
La
stessa donna che decenni dopo si stufò di cucinare e disse:
<<Gustavo, dobbiamo farci un abbonamento al ristorante!>>, e
così fu. Con il suo borsalino e la pochette, lui, il turbante di
velluto nero con spilla d’oro, lei, ogni giorno uscivano all’ora di
pranzo e piano piano, sottobraccio, andavano a pranzare fuori,
semplicemente, senza clamori.
Io ho avuto i nonni fino alla mia età adulta, è stata una cornucopia di fatti, racconti, risate e tradizioni.
Tanto era irruente ed esuberante lui, così era placida e pacata lei.
Al suo onomastico, 21 giugno, la famiglia tutta si riuniva a casa loro.
Crostate di amarene, torte gelato, cassatine glassate, cannoli e babà. All’imbrunire naturalmente in salotto si accendeva la luce che puntuale la nonna spegneva per metà lampadario dall’interruttore apposito, <<La compagnia è bella ma la luce costa…>> decretava sorridendo.
Così come
sorridendo, parlando delle cose della vita, diceva al consorte:
<<Gustavo, tu sei più grande di me di otto anni e per giustizia io
devo morire otto anni dopo di te>>. Così fu: anno 1992 e anno
2000. Un vaticinio.
La mia amica con il suo bagnoschiuma certo non immagina la potenza e la vivezza dell’effetto scatenato. Nel mio bagno ancora profumato, stasera Lari e Penati mi accarezzano affettuosi, in questa magica atmosfera d’albicocca.