LA RISCOSSA DELLA CASTA (L'AMICHETTISMO), di Sergio Rizzo

<<Basteranno ottantatré persone a soddisfare la bulimia operativa di Sua Eccellenza il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida? L’angoscioso interrogativo (ci sarà lo spazio fisico per una scrivania a testa nella sede pur capiente di via XX Settembre?) emerge dalla lettura delle 521 pagine del dossier Legge di Bilancio 2024, dove si legge appunto d’un «incremento delle risorse» (per un paio di milioni di euro) destinate «all’indennità accessoria di 83 unità di personale preposte agli uffici di diretta collaborazione» del dicastero. Traduzione: lo staff che lavora gomito a gomito col ministro e due sottosegretari. In cima in cima in cima alla massa di dipendenti ministeriali. (...)

<<In altri anni la cosa sarebbe finita in prima pagina. Tanto più trattandosi del cognato della presidente del Consiglio. Oggi no. Questione di ondate. Di storture denunciate con lo stesso spirito di servizio giornalistico a destra e sinistra da chi vorrebbe un Paese migliore, ma cavalcate da questa e quella fazione politica con scandalizzata indignazione o flemmatica noncuranza a seconda della convenienza del momento: «Cui prodest?» A chi giova? Nessuna sorpresa. Basti ricordare lo sdegno sacrosanto per certi «voli blu» come quello dell’allora presidente della Camera Fausto Bertinotti a Parigi per un evento simil-mondano o dell’allora ministro Clemente Mastella che col figlio si fece dare un passaggio sull’aereo di Stato di Francesco Rutelli che andava a Monza per la premiazione al Gran Premio e pochi anni dopo, all’opposto, l’indifferenza assoluta e complice per l’elicottero della Protezione civile usato da Silvio Berlusconi per andare a farsi un massaggio in Umbria da Mességué. Altri tempi. Al punto che proprio nella bellissima beauty farm di Mességué si daranno appuntamento per un conclave nel gennaio 2024 i democratici di Elly Schlein. (...)

<<Eppure è proprio in tempi come questi, in cui l’attenzione per le storture che dicevamo è decisamente meno vigile rispetto al passato che libri come Io so’ io di Sergio Rizzo (Solferino) col titolo ispirato alla tracotanza guascona del potere de Il marchese del Grillo di Mario Monicelli ripresa dal celebre sonetto romanesco di Giuseppe Gioacchino Belli è più che mai utile. Perché dimostra come, sopita la rabbiosa indignazione popolare per i costi spropositati della cattiva politica, da non confondere con quella buona quale che sia il suo orientamento, certi andazzi siano ripresi come nulla fosse successo, esattamente come prima. (...) Com’è possibile, ad esempio, che un Parlamento amputato di circa un terzo dei deputati e senatori costi esattamente come prima se non di più?

<<Ma lo ricordate lo striscione trionfale dei grillini nell’ottobre 2019 davanti a Montecitorio per festeggiare quel taglio passato con 553 voti a favore, 14 contrari e due astenuti? «Meno 345 parlamentari. 1 miliardo per i cittadini». Boom! (...) Ricorda Rizzo che nella legislatura avviata nell’ottobre del 2022 «sebbene il numero dei parlamentari sia ridotto del 36,5%, le dotazioni finanziarie di Camera e Senato non si riducono di un centesimo». Totale, a dispetto degli impegni: «Poco meno di un miliardo e mezzo: 943 milioni e 960 mila euro alla Camera, 505 milioni 360 mila 500 euro al Senato». Risultato: «Se dividiamo il totale per il numero degli onorevoli scopriamo che il peso sull’Erario di ogni seggio alla Camera, tutto compreso, è di 2 milioni 359.900 euro: 861.559 euro in più. Al Senato il costo è di 2 milioni 465.173 euro: 885.922 euro in più». (...)

<<Dice tutto, del resto, una ricerca nell’archivio Ansa sui «costi della politica». Da quando è al governo, ad esempio, Giorgia Meloni che nel 2018 rivendicò in un’intervista a «Il Tempo» che «quella contro i vitalizi è una battaglia storica di Fratelli d’Italia, che per primo ha posto il problema in ogni sede istituzionale e parlamentare, quando il Movimento Cinque Stelle ancora non esisteva» non ne ha mai fatto cenno. (...) Mai. Come se il taglio degli «insopportabili e odiosi privilegi» (parole sue) non la riguardasse più. (...) Contraddizioni.

<<Una delle tante segnalate nel libro. Da quella di Renato Brunetta che prima guida Forza Italia come capogruppo a votare per abolire il Cnel e poi, fallita l’abolizione, ne diventa il presidente su nomina dei partiti contro cui s’era dimesso perché avevano buttato giù Draghi fino alla rivendicazione d’appartenenza a FdI («il nostro partito») del dirigente Rai Paolo Corsini dopo anni di polemiche (giuste) contro l’occupazione dei partiti nell’azienda radiotelevisiva pubblica e la promessa di «far entrare aria fresca». Dal conflitto di interessi di Marina Elvira Calderone che per diventare ministra del Lavoro si dimette dalla presidenza dei Consulenti del lavoro, lasciando la poltrona al marito Rosario De Luca, alla coppia formata da Nicola Fratoianni ed Elisabetta Piccolotti, marito e moglie che a Montecitorio «rappresentano quasi un quinto del gruppo parlamentare Alleanza Verdi e Sinistra» e sono forse l’esempio più conosciuto coi «Melones» della Parentopoli politica che coinvolge non solo mariti e mogli ma fratelli e sorelle, cognati e cognate, figli e cugini con ramificazioni nelle Regioni, nei Comuni, nelle aziende di Stato, nel retrobottega del potere nazionale e locale.

<<Un andazzo antico, che Giorgia Meloni liquida nel gennaio 2024 in un’intervista a «Quarta Repubblica»: «Adesso le do io le carte, nel senso che le danno gli italiani. L’Italia è una nazione nella quale vige l’amichettismo, ci sono questi circoli di amichettisti dove c’è un indotto. È finito quel tempo, com’è finito il tempo in cui per arrivare da qualche parte serviva la tessera di partito, questo è il tempo del merito». Parole comprensibili, se ogni singola nomina del suo governo non fosse stata nuovamente dettata dall’ansia di piazzare finalmente «amichetti» (a volte anche di valore, ma «amichetti», melonianamente parlando) propri. (...)

<<Come furono parole d’oro, sul fronte opposto, quelle dette da Matteo Renzi nel gennaio 2018 a «Matrix», la trasmissione di Nicola Porro: «C’è l’idea che chi fa politica sia un po’… traffichino, si dice a Firenze. Siccome credo alla trasparenza, mi sono portato qua il conto corrente di quando ho iniziato a fare il presidente del Consiglio e il conto corrente di oggi pomeriggio… Avevo 21.395 euro il 30 giugno 2014, oggi 15.859. È molto importante per me questo passaggio. Io sulla trasparenza non faccio sconti a nessuno. E le dico, Porro, e voglio dirlo a chi sta qui e voglio dirlo a chi ci segue da casa. Se volete fare i soldi non fate politica. Fai politica perché hai un interesse, hai un ideale, hai passione… Poi puoi essere più o meno bravo… Se vuoi fare i soldi vai nelle banche d’affari, non ti metti a fare il politico. Chi fa il politico ha questi conti correnti, se ne ha altri c’è qualcosa che non va». Va da sé, scrive Rizzo, che davanti a una dichiarazione di 3.187.769 euro come quella presentata dallo stesso Renzi per il 2022 dove veniva «moltiplicato per 201 volte quel conto corrente mostrato in tivù», è legittimo chiedere: non ci sarà qualcosa che non va?>>
Giana Antonio Stella, Sergio Rizzo, Corriere della Sera.
3 maggio 2024