Dopo circa cento giorni di guerra, a Gaza, una delle principali preoccupazioni della gente è questa: dove possiamo trovare un telo di plastica. Dove possiamo trovare un po’ di frutta o di verdura? Dov’è l’acqua? E non ci sono lunghe file per l’acqua. Dov’è il gas per cucinare? Questo è, ovviamente, impossibile, ma se ne parla. Il gas è come l’oro. Ogni giorno gli sfollati cominciano a cercare attorno a loro legno, per poter cucinare. Sono stati tagliati moltissimi alberi. Non potete immaginare quanta gente sia stretta in un’area di circa 32 chilometri, nel sud della Striscia di Gaza. Più di 1,9 milioni di persone: tutte quante qui.
Per attraversare questo pezzo di terra, dal suo centro, ci vogliono circa due ore, per la confusione e per quanta gente accampata c’è. Tende dappertutto. Il sistema sanitario è fuori uso. Completamente. Chi avrebbe bisogno di andare all’ospedale - anche pazienti normali, per un trattamento o un problema semplice - non trova neppure i farmaci. Nelle farmacie, gli scaffali sono vuoti. Non ci sono mercati. È davvero difficile riuscire a procurarsi il cibo. Lo è pure per le persone con più soldi: non possono comprare nulla perché non c’è più nulla da comprare. Oppure, quando c’è, costa quattro volte tanto. Per fare un esempio: se il prezzo di qualcosa era di cento euro, ora è salito a 400 euro. Gli aiuti umanitari sono un altro problema. Se ne parla ogni giorno: quanti sono i camion dei convogli, se viene consentito loro di entrare nella Striscia... Lasciate che vi spieghi davvero la situazione: ci mancano cose come biscotti, farina, oppure teli di plastica per i corpi di chi muore. Alcuni medicinali non sono neppure quelli di cui ci sarebbe bisogno qui. Sono aiuti insulsi questi. I carichi umanitari arrivano in due luoghi a Gaza: a nord e a sud.
Nella parte settentrionale ci sono i check-point dell’esercito israeliano, che l’hanno divisa in due zone. I soldati lasciano passare i camion, gli consentono di avanzare per circa duecento, trecento metri dopo il posto di blocco. Poi ordinano all’autista di scendere e lasciare lì il mezzo. Così tutti gli abitanti di Gaza, affamati, lo assaltano. Saltano sul tir, prendono tutto quello che vogliono. Lottano, a volte si scannano tra di loro, soltanto per avere un po’ di cibo, o qualche pezzo di biscotto. Alla fine gli israeliani dicono all’autista di tornare indietro da capo. Qui al sud, la gente cerca di assalire i convogli quando li vede passare per la strada. Li saccheggiano, li depredano. Perché? Perché tutti quanti gli aiuti umanitari devono passare prima dal «sistema» dell’Unrwa, da una burocrazia folle che poi dovrebbe organizzare la distribuzione. Ma ci vuole tempo per quello, e la gente non ne ha. Ha fame, non può aspettare il «sistema». Pensa solo a queste semplici cose: legno, acqua, cibo. Anche per i farmaci, se qualcuno nella famiglia non sta bene e avrebbe bisogno di cure, gli dicono «cercheremo di trovare le medicine per te». Ma poi nessuno ci prova più davvero, perché la prima preoccupazione di ognuno è sfamarsi, più di tutte le altre. È orribile.
(Testo raccolto da Matteo Castellucci)