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Colpito da una sindrome rarissima che conta solo 170 casi in tutto il mondo, e abbandonato dai suoi genitori in un letto di ospedale, si è spento domenica mattina a Firenze con sempre a fianco la sua "nuova mamma" affidataria.
È la storia del piccolo Kaif, che avrebbe compiuto 4 anni a giugno, e di Chiara Fossombroni, 47enne, consigliere del Quartiere 2 di Firenze, a cui il bambino era stato affidato due anni fa, dopo un incontro all'ospedale pediatrico Meyer avvenuto alcuni mesi prima dove il bimbo era ricoverato con una "prognosi infausta", perché la sua malattia, legata al gene Nbas, era in una forma molto aggressiva.
"Me lo fecero conoscere, fu amore a prima vista. Il professor Massimo Resti, che lo aveva in cura, mi disse che aveva tanto bisogno di affetto che si sarebbe attaccato anche a un manico di scopa pur di trovarne. Quel manico di scopa sono stata io", racconta Fossombroni che, quando le condizioni di salute lo hanno permesso, ha portato il piccolo a vedere il sole, l'erba, il mare, lui che conosceva solo le stanze di ospedale. La 47enne non si staccava mai dal bimbo, lo portava sempre con sé.
Negli ultimi mesi le condizioni del piccolo si erano aggravate e, per la donna che non voleva pensare che quella prognosi fosse vera, ogni giorni con lui "era un dono". Il primo incontro quando il bimbo aveva un anno e mezzo: "Quando ci siamo incontrati era sdraiato su un letto a guardare il soffitto. Non era mai uscito dall'ospedale, per i primi due anni non ha potuto mangiare né bere, nutrendosi tramite un sondino. Si è appoggiato sul mio seno e io sono diventata sua madre".
"Davanti
a me c'era un esserino minuscolo - dice ancora -, mi ricordava Mowgli,
il personaggio del Libro della Giungla per la peluria che aveva sulla
fronte e la pelle ambrata. Mi ritrovavo sola ad accudire uno
scricciolino indifeso, che in vita sua aveva visto solo camici bianchi e
sentito il dolore degli aghi e il rumore degli allarmi dei macchinari.
Non lo conoscevo e già gli volevo bene".
La famiglia del piccolo,
pakistani che vivono in Toscana, lo aveva abbandonato in un letto
d'ospedale. Altri due figli di cui farsi carico, una malattia troppo
difficile da affrontare, le difficoltà economiche: così del piccolino si
facevano carico alcune associazioni (la Rete delle Mamme Matte e Ma' ma
Gefyra). Finché non è arrivata Chiara. Lei lancia un appello a favore
dei bimbi abbandonati in cerca di affido. "Non vi fate spaventare dalla
disabilità, incontrate questi bambini, sarà la cosa più bella che vi
potrà mai capitare".