Lo sterminio nazista e il Battaglione 101, quei bravi ragazzi diventati carnefici a Józefów, di Alessandro Trocino
Com’è possibile, ci si chiede, di fronte all’orrore delle torture, dei proiettili sparati alla nuca, degli stupri, dei civili massacrati per strada. Com’è possibile che un essere umano possa arrivare fino a tanto? Ci deve essere qualcosa di bestiale, di demoniaco negli assassini seriali. Per loro è stata inventata la categoria del male assoluto. Poi è arrivata Hannah Arendt a raccontarci la «banalità del male». Ci fa comodo, ci rassicura pensare che esista un’indole maligna, che quei criminali siano altro da noi. Ma chiunque, arrivò a dire la filosofa, avrebbe potuto essere Adolf Eichmann, talmente calato nella macchina della morte da diventare un ingranaggio. Il che, naturalmente, non lo rende meno colpevole. Così come non rende meno colpevoli i criminali che hanno perpetrato le violenze di Bucha, in Ucraina.
C’è una storia che vale la pena raccontare. L’abbiamo trovata nel libro di Carlo Greppi «La storia ci salverà» (Utet). La sua riscoperta fa parte delle tappe dell’elaborazione del nazismo fatta dai tedeschi in questi decenni. A risvegliare una coscienza assopita e una memoria che si stava spegnendo senza una vera consapevolezza di quanto era accaduto, ci furono il processo Eichmann (1961), la serie tv americana Holocaust (1978) e la mostra itinerante «Vernichtungskrieg. Verbrechen der Wehrmacht 1941 bis 1944» (1995). Quest’ultima fu decisiva perché rimetteva in discussione il mito dell’innocenza dell’esercito tedesco e raccontava di come molti crimini di guerra fossero stati compiuti non solo da SS e Gestapo ma anche dalla Wehrmacht.
Ma fu il libro di uno storico statunitense, Christopher R. Browning, «Uomini comuni. Polizia tedesca e soluzione finale in Polonia» (1999), a raccontare la storia di cui vogliamo parlare. È quella del Battaglione 101 della riserva di polizia tedesca. Cinquecento poliziotti, uomini comuni senza particolare convinzione ideologica reclutati dal maggiore Trapp. Quest’ultimo era stato inviato a est, quando la «soluzione finale» era già avviata. A Józefów si trattava di rastrellare gli ebrei. Gli abili al lavoro sarebbero finiti nel lager di Lublino. Donne, bambini e anziani dovevano essere uccisi, fucilati sul posto. Servivano volenterosi carnefici. Il maggiore Trapp non era entusiasta dell’ordine ricevuto. Anzi, apparve sconvolto. Ma decise di obbedire. E chiese ai poliziotti la disponibilità a partecipare al massacro. Specificò che nessuna punizione era prevista per chi non volesse attuarlo. Il risultato fu che, su 500, solo una dozzina di persone decise di tirarsi indietro. Gli altri cominciarono la strage. A sera 1.500 cadaveri giacevano in città e nel bosco. Nel corso della guerra, il Battaglione 101 si rese responsabile della morte di 40 mila persone.
Tutti mostri? Per Browing, l’obbedienza all’autorità, la paura, l’asticella della violenza che si innalza in tempo di guerra, lo spirito di corpo e di emulazione, il desiderio di carriera sono alcuni dei fattori indispensabili per trasformare uomini ordinari in esecutori di ordini omicidi. Lontani da casa, cadono i divieti, i legami sociali si sfaldano. «Uscire dai ranghi e fare un passo avanti, cioè adottare apertamente un comportamento non conformista, era al di là della portata di molti uomini. Per loro era più facile uccidere».