"PASSO!", DICE LA CONSIGLIERA MICHELA DELL'INNOCENTI PER NON LEGGERE IL NOME DI UN DEPORTATO! NON "PASSO" IO, di Lucia Talarico
Ribollo d'indignazione, ho lo stomaco stretto dalla nausea, e le due foto accostate mi provocano un orrore indicibile. Di quella povera bambina non riesco neanche a dire, mi sommerge un'onda di amore e tenerezza infinita. Dell'altra pasciuta, sorridente, "consigliera" (ma consigliera di cosa?), potrei scrivere un'opera con le cantiche della Divina Commedia, solo che le ambienterei tutte all'inferno, luogo consono ad accogliere... bé... mi capisco da sola.
Leggo che la tipa ha detto "Passo"! Per non leggere il nome di un deportato ad Auschwitz. "Passo!". Credeva di giocare a poker? O si è sentita spiritosa? Coerente? Negazionista? Cosa, se non una vergogna infinita!
La guardo e non vorrei. Sorriso, rossetto, catenina d'ordinanza, con cuoricino, pure. Un'arietta perbenino, magari mamma, certamente figlia, e forse sorella.
Dunque, consigliera Michela dell’Innocenti, lei "passa". Io invece non passo su di lei, nel senso che mi ci soffermo.
Mi vergogno di doverla tenere nel mio genere femminile. Mi vergogno che una mente che dovrebbe essere simile alla mia abbia potuto concepire quell'orrendo "Passo". Mi vergogno per chi le sta accanto e non ha ben compreso quali abissi di, di, di, si annidino dentro di lei.
Ho paura, signora Michela dell’Innocenti. Perché se una come lei, che è stata votata e ricopre un ruolo pubblico, presenziando a cerimonie importanti osa rivendicare la libertà folle del suo "Passo", allora vuol dire che è tutto sbagliato, tutto orrendo, tutto da rifare per forza.
Sfilano nella mia mente le atrocità di quel tempo, non perché io ci abbia indugiato, no, ché ogni volta (come adesso) soffro, mi turbo, non dormo e mi danno! Ma è la Storia a raccontare, sono gli interventi, le testimonianze, i dolorosi anniversari, che hanno l'esito obbligato della Memoria.
Sento la vocina dolce della Signora Segre, sento il pianto di Shlomo Venezia, il racconto pacato e terribile di Alberto Angela... e però adesso la cronaca mi sbatte in faccia lei, che, sono certa, se mi leggesse, non capirebbe neanche una parola del mio furioso sdegno.
Mi sento talmente impotente, posso scrivere soltanto queste poche righe!
Una cosa però la posso fare. Piano piano, dolcemente, appena appena, silenziosamente, sfioro con una carezza il volto di quella bambina nella foto. Ecco così, con le lacrime che mi scorrono cocenti. Non perdonare, tesoro, maledicili tutti, e tutte.