Sorelle, non consentite prepotenze, nè abusi, nè sopraffazioni. Non si fermano mai! Non sperate che ignorando o fingendo di non capire, i mostri si stancano: fanno peggio!
Alla prima avvisaglia, al primo stormire delle fronde della prepotenza, digrignate i denti e ruggite forte!
Madri, padri, compagni, mariti, amici: non lasciateLA sola. Mai. Non pensate che "esagera", che è "troppo sensibile", che è sempre stato "così". Non deve essere "così"! E imparate che accade molto più spesso di quanto in grande leggerezza si ritiene.
Agite, non lasciateLA sola!
Lucia Talarico
Massimo Gramellini, "Chi ha ucciso Sara Pedri")
La perizia psicologica che ha esaminato le ventimila pagine di messaggi scritti e vocali prodotti dalla ginecologa Sara Pedri negli ultimi mesi della sua vita è l’autobiografia di un’umiliazione e mostra lo sgretolarsi di una personalità bersagliata dal mobbing.
La perizia psicologica che ha esaminato le ventimila pagine di messaggi scritti e vocali prodotti dalla ginecologa Sara Pedri negli ultimi mesi della sua vita è l’autobiografia di un’umiliazione e mostra lo sgretolarsi di una personalità bersagliata dal mobbing.
Sara chiede scusa ai genitori per averli delusi, cioè per non essersi mostrata all’altezza delle sue aspettative più che delle loro. «Sono una morta che cammina», dice. «Stavolta non ce la farò».
A molte lettrici non sarà difficile immedesimarsi in questa giovane donna di talento bisognosa di conferme, che dopo una serie ininterrotta di trionfi universitari si ritrova a muovere i primi passi in ospedale allo scoppio di una pandemia e si imbatte in un maschio dispotico e in una vice femmina non meno urticante di lui.
Il primario la prende di punta, come è abituato a prendere tutti, è il suo modo per marcare il territorio. Ma Sara possiede una sensibilità speciale e ha talmente investito sul lavoro che ha finito per identificarsi con esso. Ogni lavata di capo ingiustificata e ogni cambio di turno palesemente vessatorio non producono in lei uno scatto di rabbia orgogliosa, ma una coltellata all’autostima.
Nella vita reale come in quella social, gli esseri umani andrebbero sempre trattati con cura. Non tutti scelgono di indossare una corazza per proteggersi dall’aggressività e dal cinismo elevati, si fa per dire, a regola di vita. Qualcuno, più puro, preferisce ritirarsi da un gioco che non sa e non vuole giocare.