Dai giornali di oggi / Il Papeete, la frittata, la maionese impazzita e il «torcicolle» DI ALESSANDRO TROCINO
Dai giornali di oggi / Il Papeete, la frittata, la maionese impazzita e il «torcicolle» DI ALESSANDRO TROCINO
Il Fatto Quotidiano
«Lo vedono girare per i vicoli del centro di Roma, telefona a tutti, fa incontri talmente segreti che poi vengono puntualmente comunicati dal suo staff, brucia candidati come se fossero ceppi da buttare e convoca giornalisti per dire che ha "la soluzione", "domani arriva il nome", "avremo un presidente condiviso", "ho tanti profili da proporre". Matteo Salvini il situazionista. Doveva essere il kingmaker della partita del Quirinale ma sembra tornare sulla spiaggia del Papeete quando, imbracciando un mojito e strabuzzando gli occhi per le modelle sul cubo, decise di far cadere il governo di cui era azionista di maggioranza».
Giacomo Salvini
Il titolo di prima è: «Salvini torna al Papeete». Nel senso dello sfascismo, dell'accumulare nomi su nomi che bloccano tutto. Nell'editoriale Travaglio ce l'ha con (quasi) tutti: Draghi che «si sceglie» il presidente, Salvini che lancia per aria candidati «come frisbee», il centrodestra che candida nomi improbabili, i «grandi elettori a forma di poltrona che votano Mattarella», Di Maio che urla «Belloni è mia sorella, come altri 60 quirinabili», Letta e Renzi che «inventano candidati inesistenti per fingere di stopparli», due «giovani vedove di Supermario, Cerasa e Feltri jr che gridano al draghicidio», «il sessantenne Casini che posta una foto da 19enne». «Non ho ancora visto il presidente della Repubblica», dice Travaglio. L'unico che non prende di mira è Giuseppe Conte, evidentemente considerato impeccabile. Conte tifa Belloni, scelta che apprezza anche Travaglio. L'ex direttore Antonio Padellaro sottolinea come il suo nome piaccia a tutti, ma invece stia già tramontando. Come mai? Per il gioco dei veti incrociati, che brucia tutti i candidati: «Avremo un presidente flambè?», scrive Padellaro. Anche qui, nulla di particolarmente nuovo in politica per cui scandalizzarsi. Ma l'indignazione, sia pure garbata nel caso di Padellaro, è il pane quotidiano del Fatto.
Il Giornale
«I pastorelli debbono, soprattutto, essere consapevoli che in questa partita non contano gli schieramenti, né le simpatie, ma solo il risultato finale, cioè che Draghi resti al suo posto e il governo vada avanti fino alla fine della legislatura. Altrimenti rischiano di far apparire come fenomeni dei mediocri calciatori di serie C».
Augusto Minzolini
Il titolo principale è «Frittata Quirinale». Augusto Minzolini, nell'editoriale, classifica i protagonisti in «agnelli, vecchie volpi e pastorelli inesperti». Attacca la Belloni, spiegando che l'unico precedente è «la Russia in cui Vladimir Putin diventò presidente passando per il Kgb». Ci sarebbe anche Bush padre, ex Cia, ma l'obiezione ha un suo peso. La ripete anche il costituzionalista Giovanni Guzzetta, intervistato da Francesco Boezi: «Sul piano della legittimità non ci sono impedimenti, su quello dell'opportunità è un'idea scivolosa». Nella metafora animalista minzoliniana, la vecchia volpe sarebbe Enrico Letta (non poi così vecchia), la giovane, Meloni (non poi così giovane), e i pastorelli Conte e Salvini. Minzolini insiste perché Draghi resti a Chigi. Marco Gervasoni ha invece un'idea per il Quirinale: «Nella rosa sottoposta al centrodestra, e a ragionar da "sovranisti", ci sarebbe un solo nome secondo noi da votare: quello di Pier Ferdinando Casini...È stato eletto con il Pd? E quindi? Tra tanti piccoli Bonaparte, più o meno tecnocratici, che si agitano, Casini è una garanzia di democrazia e di correttezza. È vero che gli Dei accecano chi vuole perdere ma se v'è ancora un barlume di senso comune, sarebbe questa la strada da percorrere». Fabrizio De Feo, invece, racconta il dispiacere dei fedelissimi di Berlusconi, addolorati per il leader in ospedale e nostalgici: «Al Palazzo manca il Cav: con lui le trattative sarebbero andate meglio». Chissà.
Manifesto
Il quotidiano comunista si esibisce in uno dei suoi titoli con giochi di parola: «Il torcicolle». Parla, con Andrea Colombo, di «giostra impazzita» ma segnala il «disgelo» di Forza Italia verso Draghi. Andrea Carugati racconta la «folle parabola di Salvini, da kingmaker a mina vagante». E segnala il ritorno di fiamma per un Mattarella bis, soluzione che potrebbe scegliere anche Conte, nella sua ossessione antidraghiana.
Il Sole 24 Ore
«La paura dell'Aula sta diventando il fattore condizionante di questa corsa per il Quirinale. Nel senso che più il tempo passa, più cresce la pressione esterna e interna dei parlamentari, più aumenta l'ansia dei leader per la prova del voto. Tutti hanno timore di cadere nella grande trappola dei 1009 elettori: il leader leghista è meno preoccupato di un agguato dei suoi gruppi, piuttosto teme i franchi tiratori da Forza Italia o dal partito della Meloni. Invece Letta e Conte, hanno paura di affondare con il fuoco amico».
Lina Palmerini
Fabio Tamburini non esibisce toni indignati per il dibattito in corso sull'elezione, ma introduce elementi concreti per ricordare che i tempi sono stretti: «Oggi ci sono priorità da affrontare. A partire dall'emergenza costi dell'energia, che rischia di paralizzare le imprese. Non solo. Su diversi fronti occorre grande attenzione per evitare di compromettere i risultati, straordinariamente positivi, raggiunti nell'ultimo anno grazie all'ottimo lavoro svolto dal governo Draghi. L'inflazione si sta rivelando ricca d'insidie, l'andamento al rialzo dei prezzi delle materie prime mette a dura prova i rapporti tra l'industria manifatturiera e la grande distribuzione, l'applicazione del Pnrr è un sentiero stretto e tutto in salita, il debito pubblico pesa come un macigno sul futuro del Paese e faremmo bene a non dimenticarcelo, la pandemia è tutt' altro che un ricordo».
Repubblica
«Oggi è il giorno in cui gli achei usciranno dal ventre del cavallo, il giorno della Rivelazione e della fine della guerra di posizione. Soprattutto la sinistra ci arriva con il nodo alla gola: da una settimana infatti Enrico Letta si guarda allo specchio e si vede con la faccia di Bersani inseguito dal fantasma di Prodi. La sindrome Bersani è terribile perché prevede il doppio fallimento, quello del king maker e quello del candidato, come appunto nel 2013, quando prima Marini e dopo Prodi, candidati del Pd, furono impallinati dai solti ignoti del Pd».
Francesco Merlo
Il quotidiano diretto da Maurizio Molinari apre parlando di «veti incrociati». Francesco Bei segnala che «la scelta del successore di Mattarella diventa quasi secondaria rispetto ai disegni di supremazia sul proprio schieramento (Salvini) o sul proprio partito (Conte)». Concetto Vecchio incalza Sabino Cassese, che nega di aver incontrato Matteo Salvini, dice di non conoscerlo, di temere gli incontri causa Covid, di vivere come «un monaco stilita». Non è particolarmente convincente nella smentita e, visto che Salvini è stato visto sotto casa sua, segnala che sopra di lui abita un ex senatore. Ah, ecco. Matteo Pucciarelli e Giovanna Vitale segnalano i sospetti di un patto Salvini-Conte «per far cadere il governo». Interessante la risposta del senatore M5S Vincenzo Presutto a Conchita Sannino sul voto per Mattarella: «La comunicazione oggi tra i parlamentari può essere più immediata, diretta e, in qualche caso, più costruttiva rispetto alla dialettica conflittuale tra i leader». Come a dire: possiamo diventare tutti franchi tiratori se non ci piacciono le indicazioni dei leader. Nelle scontate geremiadi sulla politica, si inserisce Carlo Galli che lamenta «il Palazzo lontano dal Paese». Più specifica la critica di Stefano Folli: «La destra copre le sue fratture non ritirando nemmeno la scheda. Scelta bizzarra che ha trasformato la seduta comune delle due Camere in una gara in "surplace". La pubblicità negativa per il sistema parlamentare non potrebbe essere più esplicita. Dopo anni di populismo e di anti-politica, questo è proprio lo spettacolo che non doveva andare in scena».
La Stampa
«Si può dire che il centrodestra è compatto nell'idea che ognuno si fa i fatti propri, e talvolta possono coincidere coi fatti degli alleati e altre volte divergere. Per fortuna è molto compatto anche il centrosinistra: mezzo Pd è disposto a sostenere Draghi e mezzo Pd no, invece mezzo Movimento è disposto a sostenere Draghi e mezzo Movimento no. Però dai, è tutto sotto controllo».
Mattia Feltri
Per la Stampa siamo al «tutti contro tutti», Francesca Schianchi parla di «maionese impazzita», Ugo Magri analizza la «tentazione» Mattarella, Ilario Lombardo il «disgelo» tra Draghi e Berlusconi, e Annalisa Cuzzocrea cita Di Maio che evoca elezioni. In realtà, a minacciare la crisi di governo, e quindi le urne, è anche Conte, come spiega Federico Capurso, se mai si dovesse scegliere l'«odiato» Draghi. Emma Bonino critica «i conciliabili carbonari», anche se ha troppa esperienza per non sapere che così funziona la politica e ancor di più l'elezione del Colle. Ma la Bonino e +Europa sono tra i pochi ad avere le idee chiare e a votare sempre la stessa candidata Marta Cartabia. Sulla Belloni, che ha conosciuto quando era alla Farnesina e stima, pensa che sarebbe «un'anomalia», essendo stata a capo dei servizi segreti. Per capirci qualcosa, i cronisti finiscono per ripescare vecchie volpi del passato, da Clemente Mastella a Rino Formica. Fabio Martini sente Paolo Cirino Pomicino, secondo il quale «la leadership non è il mestiere di Salvini» e aggiunge: «Mattarella stia pronto».
Libero
«Ci hanno messo meno i ricercatori a trovare la pillola miracolosa per combattere il Covid - ieri l'agenzia del farmaco ha dato il via libera in Italia a quella della Pfizer, prima ad uso domiciliare - che i politici a indicare un sostituto di Sergio Mattarella che da ben sette anni si sapeva essere a scadenza gennaio 2022».
Alessandro Sallusti
Non si capisce bene cosa c'entri, ma pur di fare un po' di polemica e demagogia Libero titola: «Arriva prima la pillola del nuovo presidente». Intesa come pillola contro il Covid. Scrive Alessandro Sallusti che i cittadini sono nauseati, eccetera.
Alessandro Trocino
Non si capisce bene cosa c'entri, ma pur di fare un po' di polemica e demagogia Libero titola: «Arriva prima la pillola del nuovo presidente». Intesa come pillola contro il Covid. Scrive Alessandro Sallusti che i cittadini sono nauseati, eccetera.
Alessandro Trocino