Corriere della Sera - 04 dicembre 2020 - pagina 26
L’intervista
«Il commissario in Calabria è un ruolo che fa paura Qui serve l’aiuto di tutti» di Goffredo Buccini
Il comandante del Ros Angelosanto: lo Stato non si arrende
L’incarico da commissario alla sanità in Calabria può fare paura?
«Certo che sì. I condizionamenti possono essere tanti. E quello principale viene da una delle più forti e ricche mafie del mondo... Io stesso sarei molto preoccupato. Dopo di che farei il mio dovere».
Perché lì falliscono da dieci anni i commissari?
«Non si può mettere tutto sule spalle di una persona sola, serve la reazione di un sistema intero: il quadro cui fare fronte è molto complesso».
Dal 2017 il generale Pasquale Angelosanto comanda il Ros, la struttura investigativa di élite in pratica cresciuta con lui. Ha guidato i carabinieri di Reggio Calabria e provincia dal 2009 al 2012. Ha indagato su boss e malacarne, killer e pentiti, politici venduti, massoni mafiosi, imprenditori asserviti, ospedali usati solo per produrre voti: il «quadro complesso», appunto.
Record di Comuni sciolti per mafia, aziende sanitarie infiltrate da Reggio Calabria a Catanzaro, elezioni saltate per protesta contro lo Stato in posti come San Luca e Platì: quanto è grande il gap di legalità della Calabria?
«Da questi parametri, certo che si vede un problema di legalità. È dovuto alla presenza mafiosa che ha permeato tutti i gangli delle amministrazioni locali. Ma non alla gente in sé».
La ’ndrangheta ha consenso.
«Vero. E lavora per accrescerlo. Ma non dobbiamo pensare che la maggior parte dei calabresi stia con la ’ndrangheta. Questo non è vero».
Lei è sicuro che non stiate perdendo la partita?
«È tutt’altro che vinta. Ma ci stiamo lavorando. Del resto, se stessero vincendo loro, non si spiegherebbero i grandi colpi che lo Stato riesce ad assestare».
La ’ndrangheta anziché infiltrare la politica si fa politica, è così?
«Sì. Ha fatto un salto di qualità. A casa del boss Giuseppe Pelle nel 2010 registriamo i mafiosi che dicono: non dobbiamo più essere portatori di voti, dobbiamo portare i nostri candidati, alla Provincia, alla Regione e individuare chi ci dà più garanzie per portarlo sulla scena nazionale».
La sanità — tra assunzioni, convenzioni, appalti — è la cinghia di trasmissione?
«Sì, la sanità consente di ottenere il consenso che poi viene restituito al momento del voto».
Gran parte della torta è sanità privata.
«Negli atti di scioglimento delle Asl, ci sono capitoli interi dedicati alle sovvenzioni che ricevono le cliniche private controllate dagli ’ndranghetisti».
Francesco Fortugno, il vicepresidente del consiglio regionale ammazzato a Locri nel 2005, paga in quanto elemento di rottura nel patto mafia-politica sulla sanità?
«L’omicidio di Fortugno e l’ascesa di Domenico Crea, che entra al suo posto in consiglio regionale, sono un momento paradigmatico».
Crea è un boss della sanità che verrà condannato, ma non per l’omicidio Fortugno.
«Sì, all’esito dell’indagine Onorata Sanità, per concorso esterno in associazione mafiosa. È quello che oggettivamente ha tratto maggior vantaggio dalla morte di Fortugno subentrandogli in consiglio regionale, in quanto primo dei non eletti. Nelle intercettazioni un deputato reggino gli dice: “Se Modugno arriva lì, ti sdirrupa la clinica!”. Per clinica si intende il sistema sanità e Modugno era il modo che avevano tra loro per indicare il povero Fortugno.
Fuori Crea dal consiglio regionale, per la cosca che aveva garantito l’elezione tutto è perduto. Perciò muore Fortugno. C’è un movente di ripristino, secondo i giudici».
Fuori Crea dal consiglio regionale, per la cosca che aveva garantito l’elezione tutto è perduto. Perciò muore Fortugno. C’è un movente di ripristino, secondo i giudici».
Ma non vede una certa sottovalutazione nel livello al quale si fermò la sentenza? Un caposala e un infermiere dell’ospedale di Locri, padre e figlio...
«L’indagine aveva puntato alla cosca Cordì, ma non ha trovato conferma processuale».
Negli anni Settanta e Ottanta regnava su Taurianova Francesco Macrì, alias Ciccio Mazzetta. L’ultimo scioglimento della Asl 5 di Reggio è del 2019, firmato da Conte. Il presidente del Consiglio regionale, Tallini, è stato appena arrestato per rapporti con la cosca Grande Aracri. Come è possibile che stiamo sempre a un eterno ritorno? Lo Stato cosa ha fatto?
«Non stiamo affatto come allora. Abbiamo ben altra conoscenza della ’ndrangheta, ben altri strumenti normativi. Ci sono stati processi con risultati importanti. Ma il vantaggio della ’ndrangheta sta nel consenso sul territorio. Nella sanità passa dai certificati medici compiacenti fino a regimi carcerari meno rigidi».
E il consenso si estende tra chi non è ’ndranghetista.
«Un uomo dei Cordì parla con un emissario di San Luca e gli dice: noi non dobbiamo fare paura alla gente, dobbiamo averla dalla nostra parte, poi la gente ti ricompensa quando vota».
Qual è il ruolo della massoneria deviata calabrese?
«Assicura la compensazione tra società civile e ’ndrangheta, lo hanno detto molti collaboratori. La ’ndrangheta ha infiltrato la massoneria. Lo ha spiegato bene il procuratore Gratteri. Con l’istituzione della Santa, i santisti hanno il compito di accordarsi con la società civile. Al tavolo trovi professionisti, imprenditori, politici. L’inchiesta Mammasantissima svela l’esistenza degli “invisibili”, appartenenti alla ’ndrangheta, e di esponenti della politica regionale e nazionale accanto a loro».
Non uno scherzo, in effetti, per il commissario alla sanità calabrese.
«Come le dicevo, il quadro è complesso».
Conosce Guido Longo, il prefetto che infine ha accettato questa grana?
«Lo conosco, siamo stati insieme per un periodo a Reggio Calabria, è bravissimo. Ma avrà bisogno dell’aiuto di tutti».
Il primo dei commissari, Peppe Scopelliti, non era proprio irreprensibile: è finito in galera...
«Ma aveva un ruolo istituzionale, allora, evidentemente si puntò su quello».
A prescindere dalle qualità dei commissari, quanto pesa la solitudine in un certo contesto?
«Quando abbiamo lavorato sugli scioglimenti di consigli comunali o Asl ci siamo sempre imbattuti non solo nel problema della carica elettiva ma in quello della struttura amministrativa: che rimane lì, anche quando cade il sindaco, anche dopo tre o quattro scioglimenti a ripetizione. Stanno lì e non ti aiutano di sicuro. Una volta trovammo un Comune che riscuoteva zero tributi! Zero: capisce cosa significa?».
Il generale Cotticelli veniva dall’Arma. Come si spiega il suo incredibile harakiri in tv?
«Due anni di forti pressioni possono essere stati logoranti».
Il disastro economico e sociale del Covid-19 può spostare gli equilibri a vantaggio della ’ndrangheta in Calabria?
«La ’ndrangheta cercherà di lucrare sempre di più su questa tragedia. Su forniture, beni, servizi. Per muovere soldi. E consenso, come sempre».
Il Ros compie 30 anni in questi giorni. Come può vincere la battaglia del consenso?
«Con la credibilità. Con una giustizia che arrivi e completi il suo percorso. Con indagini cui seguono processi e condanne, non limitandosi al successo di un momento. Il cittadino si deve rendere conto che può fidarsi».
Le manovre
«La ‘ndrangheta sta cercando di lucrare sulla pandemia, vuole più soldi e consenso»