Vi prego, non leggetelo in fretta... un'occhiatina e via... Qui è condensata la nostra vita, quella dei nostri figli costretti ad emigrare, i ricoveri orribili dei nostri padri, la nostra impossibilità di curarci, "L'emergenza sanitaria in Calabria" che è diventata frase accettata nell'uso comune, mentre dovrebbe farci scendere tutti in piazza a gridare la nostra indignazione.
A TUTTI I CALABRESI: PROPONGO DI ESPORRE AI NOSTRI BALCONI LA BANDIERA ITALIANA LISTATA A LUTTO.
Sanità, tutti sapevano del disastro in Calabria. (Gian Antonio Stella)
<<Sotto
la poltrona del Superman sanitario calabrese deve esserci un po’ di
kryptonite. Dopo Saverio Cotticelli caduto in diretta tivù («Come:
l’emergenza Covid tocca a me?») e Giuseppe Zuccatelli fatto fuori dal
video galeotto («Le mascherine non servono un ...»), è saltato il terzo,
l’ex rettore della Sapienza (un po’ inquisito) Eugenio Gaudio: «Mia
moglie non vorrebbe trasferirsi a Catanzaro». Finché da una nuvoletta,
con la Protezione civile, è sbucato Gino Strada. Una sfida temeraria,
forse, per il medico milanese fondatore di Emergency. Alle prese con una
terra non meno complicata (e a rischio) di quella afghana.
<<Ma
per capire quanto sia fradicio il sistema, occorre tornare indietro. E
ripartire da una intercettazione in cui qualche anno fa l’allora
potentissimo Satrapo della sanità calabrese, Domenico Crea detto Mimmo,
spiegava come va il mondo (il «suo» mondo) a un collaboratore che
aspirava a essere eletto al Consiglio regionale: «Ma quando tu hai me,
cretino, che vuoi fare? Ti prendi 10.000 euro di consigliere? E che
minchia sono?». Spiccioli erano, per lui, a confronto dei soldi veri.
«Senti quello che ti dice Mimmo». E spiegava che gli amici che aveva
avuto intorno, armeggiando sulla Sanità, erano «tutti miliardari. Il più
fesso di loro è miliardario... E ti ho detto tutto...».
<<Diceva
tutto sì, quella vanteria. Per decenni, infatti, quel settore che
assorbe 3,7 miliardi dei 7 dell’intero bilancio regionale, è stato
sistematicamente saccheggiato con gestioni scellerate che gridano
vendetta a Dio. Fino a far saltare, una dozzina di anni fa, tutti i
conti. Al punto che ieri mattina, in una audizione alla Camera, il
professore Ettore Jorio, docente all’Ateneo di Reggio e collaboratore
del Sole 24 Ore, ha ricordato di essere stato l’ultimo incaricato di
fare una ricognizione sui debiti al 31 dicembre 2008. Quando il deficit
patrimoniale era a un miliardo e 792 milioni di euro. E adesso? Boh...
<<Nonostante
gli «incomprensibili e inauditi 15 milioni di euro messi verosimilmente
a disposizione degli advisor» questi non hanno «mai perfezionato in
quasi un decennio» la certificazione dovuta «tanto da registrare ad oggi
bilanci incerti, quando va bene, ovvero mai adottati». Un calcolo
«spannometrico»? Non è possibile rispondere, dice Ettore Jorio: «Credo
però che se la sola Asp reggina è sotto di un miliardo, come dicono
varie denunce, è plausibile che la Regione sia sotto di due e mezzo. Se
non di più». E il piano di rientro? Ciao.
<<Non
basta: i ritardi nei pagamenti ai fornitori da parte delle aziende del
Servizio sanitario regionale, dice il monitoraggio interministeriale di
ottobre, «sono saliti a oltre 800 giorni». I rischi, ha spiegato il
procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri a Carlo Piano de La Stampa,
sono gravi: «Quando la stretta creditizia aumenta, gli usurai vanno a
nozze. In momenti così è facile sostituirsi alle banche, rilevare
aziende in crisi, investire il denaro della droga». Del resto, insiste
il magistrato nel saggio «Ossigeno illegale» scritto con Antonio Nicaso,
le mafie hanno «da tempo messo le mani anche su importanti risorse
della sanità pubblica. Ha fatto il giro del mondo, per esempio, la
notizia pubblicata dal Financial Times secondo cui alcuni privati,
nell’impossibilità di farsi liquidare da aziende sanitarie pubbliche
calabresi, avrebbero venduto i loro crediti a banche e società estere.
Secondo il quotidiano britannico, i titoli venduti a investitori
internazionali tra il 2015 e il 2019 ammonterebbero a circa un miliardo
di euro. In un caso, i titoli commerciali e le obbligazioni legate ad
aziende sospettate di avere legami con la ’ndrangheta sarebbero stati
acquistati da una delle banche private più importanti d’Europa».
<<Non
è solo un problema economico. Ma più ancora sanitario, politico,
morale. Un’emergenza con cui l’Italia («Ma è la Calabria!», chiudono il
discorso da decenni troppi leader allargando le braccia come dessero
ogni partita per persa) non ha mai fatto davvero i conti. «La
’ndrangheta mette in fuga anche i medici. Otto posti da primario presso
l’Unità sanitaria di Locri non si riescono a coprire per l’impossibilità
di trovare docenti disposti a far parte delle commissioni», scriveva
Carlo Macrì nel 1990. Sono passati trent’anni. E tutta la regione
patisce la mancanza di medici, tecnici, infermieri... Come prima, peggio
di prima. E ogni vuoto d’organico, ogni reparto abbandonato al degrado,
ogni macchinario comprato vent’anni fa e ancora incellofanato accende
la collera contro gli sprechi di un tempo. E di oggi.
<<A
partire dall’ospedale di Pizzo, mai aperto dopo oltre mezzo secolo di
lavori, dove dei pazzi misero gli ascensori della sala chirurgica a un
metro dalla parete (gli operati avrebbero dovuto uscire in piedi, per
sdraiarsi poi nella barella) e si spinsero a comprare montagne di
sandali sanitari col tacco alto prima di assumere una sola infermiera. O
dai sette-nosocomi-sette della piana di Gioia Tauro destinati negli
anni 90 a essere soppressi per dare vita a un unico grande ospedale
moderno. Risultato: oggi quello di Taurianova dove dominava il discusso
Francesco Macrì detto «don Ciccio Mazzetta» (venerato dai clientes per
avere «creato una generazione benestante di famiglie spesso a doppio
reddito e ora a doppia pensione») è quasi tutto chiuso, quello di Oppido
Mamertina ospita una ventina di vecchi, quello di Rosarno (allora nuovo
di zecca) è uno scheletro mai aperto, quello di Cittanova ha un reparto
di riabilitazione, quello di Gioia Tauro (dove si scordarono del
riscaldamento e fecero la sala operatoria senza manco l’acqua calda)
conta solo su due o tre reparti e quello di Polistena, l’unico che
davvero si fa carico di tanti servizi e ha 107 posti letto, è ridotto
negli organici al punto che su dodici anestesisti previsti quello in
servizio oggi è uno solo. E l’ospedale nuovo? Mai visto.
<<Un
disastro. Che pesa sui calabresi spingendoli ancor più d’una volta ad
andarsi a curare nel resto d’Italia. Spendendo una cifra assurda, 310
milioni di euro. Ovvio. Nonostante esistano qua e là eccellenze
formidabili, isolati reparti non inferiori a quelli altoatesini, centri
di ricerca con giovani straordinari, sale operatorie dove svettano
chirurghi bravissimi, troppi cittadini sono stati via via demoralizzati
dalla sciatteria della classe politica locale e dalla colpevole
lontananza, quand’anche avesse avuto un po’ di buona volontà, di quella
nazionale. E la girandola dei commissari della sanità di questi ultimi
giorni la dice lunga su quanto una svolta radicale sia sempre più
obbligatoria.>>
Gian Antonio Stella, Corriere della Sera
Gian Antonio Stella, Corriere della Sera